giovedì 27 giugno 2013

PAROLE

Come si misureranno le parole - oltre che in riferimento all'ovvia ammonizione di chi ne ritiene offensive alcune a seconda, appunto, di un'ipotetica misura - che ogni giorno affastelliamo in buon ordine (o in discreto caos), strappandole alle nostre emozioni, o disegnandole su di esse, e cercando di farle apparire a forma di palpitazione, misurando noi nuove unità di percezione che ci consentano di applicare una forma tangibile al nostro sentire.

Ed anche una volta misurate, inchiodate, catalogate, queste parole che da sole identificano il fardello del nostro emozionarci, chi ci assicura che non ne abbiano, invece, debordato il senso, sforbiciato il sospirare, occultato il trasalimento?

Come si misureranno queste parole se non sperando che si adattino perfettamente al nostro pensiero come un cashemire che si adagi, neve attutita nel silenzio di un'alba?
Non lo sappiamo. Rileggo il mio "pensiero adagiato" e cerco di scorgerne l'orlo emozionale.
C'è un qualcosa che tracima oltre il senso emotivo, è come se disegnassimo coartati.

Perdiamo probabilmente la fluidità del pensiero fino a fermarci quel fatidico istante e pensare a voce alta, come scrivendo nell'aria, a forgiare immagini rigurgitate da una macchina da presa già impazzita: 
Ma che cacchio sto a dì?!?
Ma, soprattutto, che firm avrò visto mai!?!?


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